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Cassazione: assoluzione penale non vincola l’imposta, solo le sanzioni
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21594 del 27 luglio 2025, affronta il tema dell’efficacia delle sentenze penali assolutorie nel processo tributario alla luce della recente riforma introdotta dal D.Lgs. n. 87/2024. La pronuncia chiarisce i rapporti tra giudicato penale, accertamento tributario e sanzioni fiscali.
Cassazione: assoluzione penale non vincola l’imposta, solo le sanzioni
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21594 del 27 luglio 2025, affronta il tema dell’efficacia delle sentenze penali assolutorie nel processo tributario alla luce della recente riforma introdotta dal D.Lgs. n. 87/2024. La pronuncia chiarisce i rapporti tra giudicato penale, accertamento tributario e sanzioni fiscali.
La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per IVA e IRAP 2003 emesso nei confronti di una società, contestando l’uso di fatture soggettivamente inesistenti e l’indebito utilizzo del regime del margine. La CTR Marche aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, richiamando l’assoluzione penale del legale rappresentante e ritenendo che la società fosse in buona fede, poiché il fornitore appariva dotato di reale struttura aziendale.
L’Agenzia impugnava la decisione in Cassazione denunciando, da un lato, l’erronea attribuzione di efficacia vincolante alla sentenza penale assolutoria e, dall’altro, la superficiale valutazione delle prove circa l’inesistenza delle operazioni. La Suprema Corte accoglie i motivi, richiamando il consolidato principio di autonomia tra giudizio penale e tributario: la sentenza penale irrevocabile non ha efficacia di giudicato in ambito fiscale, potendo valere solo come elemento di prova, da confrontare con gli altri dati disponibili.
La Cassazione, tuttavia, si sofferma sulla portata della novità normativa introdotta dall’art. 21 bis, co. 1, DLgs n. 74/2000 (introdotto dall'art. 1, co. 1, lett. m), DLgs. 14 giugno 2024, n. 87, poi recepito nell'art. 119 T.U. della giustizia tributaria), che attribuisce efficacia di giudicato nel processo tributario alle sole sentenze penali dibattimentali di assoluzione “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto”. La Corte chiarisce che tale efficacia opera esclusivamente sul piano sanzionatorio, non sull’accertamento dell’imposta: il rapporto impositivo resta autonomo e soggetto agli ordinari criteri probatori del processo tributario, mentre il giudicato penale rileva solo ai fini dell’annullamento delle sanzioni in caso di identità dei fatti materiali.
La pronuncia approfondisce anche i profili di applicabilità temporale (immediata alle cause pendenti), i limiti derivanti dall’art. 530, comma 2, cpp (assoluzione per insufficienza di prove, non idonea a vincolare il giudice tributario), e le compatibilità costituzionali ed europee, soprattutto in relazione al principio del ne bis in idem e al coordinamento con il diritto unionale sulle frodi IVA.
In conclusione, la Corte ribadisce che il giudice tributario deve svolgere un’autonoma valutazione probatoria in merito all’accertamento dell’imposta, potendo utilizzare la sentenza penale solo come elemento di prova, mentre per le sanzioni l’art. 21 bis impone un vincolo di giudicato nei limiti tracciati dalla riforma. La decisione della CTR viene pertanto cassata con rinvio per un nuovo esame conforme a tali principi.
di Anna Russo
Fonte normativa
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