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Grave insubordinazione verso il superiore gerarchico: sì al licenziamento
Idonea a integrare la giusta causa di recesso la condotta del lavoratore che rivolga al superiore gerarchico espressioni volgari e irrispettose e assuma atteggiamenti minacciosi, tali da violare le norme di comportamento imposte nell’ambiente di lavoro (Cassazione - ordinanza 24 giugno 2025 n. 16925, sez. lav.)
Grave insubordinazione verso il superiore gerarchico: sì al licenziamento
Idonea a integrare la giusta causa di recesso la condotta del lavoratore che rivolga al superiore gerarchico espressioni volgari e irrispettose e assuma atteggiamenti minacciosi, tali da violare le norme di comportamento imposte nell’ambiente di lavoro (Cassazione - ordinanza 24 giugno 2025 n. 16925, sez. lav.)
La Corte di Appello di Bari rigettava il ricorso con il quale un lavoratore aveva impugnato il licenziamento per giusta causa intimatogli dalla società datrice di lavoro a seguito di contestazione disciplinare.
Al dipendente era stato addebitato di aver pronunciato, nei confronti di un superiore, frasi volgari ed irrispettose alla presenza di un collega e di avere assunto, nella medesima occasione, un atteggiamento provocatorio e minaccioso verso il predetto superiore, rifiutandosi di restituirgli la fotocopia di un documento aziendale.
Ad avviso della Corte era indubbio che il comportamento tenuto dal lavoratore fosse gravemente contrario "ai doveri civici" richiamati dal CCNL applicato al rapporto, essendosi concretato nell'utilizzo di espressioni volgari nonché in atteggiamenti di aperta sfida, tali da violare le norme di comportamento e del corretto vivere civile, imposte nei confronti dei colleghi e a maggior ragione nei confronti di un superiore gerarchico.
L'idoneità della condotta tenuta dal lavoratore ad integrare la giusta causa di recesso andava, inoltre, considerata anche alla luce di altro episodio analogo verificatosi due anni prima ed esplicitamente richiamato nella lettera di contestazione. I giudici di appello ritenevano, dunque, congruo il riferimento alla fattispecie della insubordinazione, essendo irrilevante, a fronte dell'espresso addebito nella lettera di contestazione di una "grave insubordinazione verso un suo superiore gerarchico", l'omesso richiamo dell'articolo del CCNL, comunque indicato nella lettera di licenziamento; disposizione che prevedeva la possibilità per l'azienda di risolvere il rapporto di lavoro anche senza preavviso nell'ipotesi di accadimenti che non consentissero la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro e menzionaza, a titolo esemplificativo, l'insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso: fattispecie cui era ascrivibile la condotta contestata.
Avverso la sentenza d’appello il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo condivisibili le conclusioni dei giudici di merito secondo cui la condotta contestata era ascrivibile alla fattispecie dell'insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso, prevista dal CCNL applicabile. Invero, benché nella nota di contestazione degli addebiti non fosse menzionata la disposizione collettiva, in essa era sottolineata a più riprese la gravità della condotta del lavoratore ed erano chiaramente contestati in fatto comportamenti nel contempo insubordinati ed oltraggiosi nei confronti del diretto superiore gerarchico nell'occasione.
Quanto alla rilevanza attribuita ai precedenti comportamenti del dipendente il Collegio non ha mancato, inoltre, di precisare che il principio dell'immutabilità della contestazione disciplinare non vieta di considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio del datore di lavoro.
Sulla base di tali presupposti i giudici di legittimità hanno confermato la rilevanza disciplinare, nel caso in esame, delle condotte contestate e la proporzionalità della sanzione espulsiva irrogata dalla società.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa