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Omessa registrazione di cassa: sì al licenziamento anche per importi di modesto valore
Le ripetute irregolarità nella registrazione delle operazioni commerciali e nel rilascio dello scontrino, ponendo in dubbio la futura correttezza dell'adempimento della prestazione lavorativa, costituiscono giusta causa di licenziamento (Cassazione - ordinanza 07 maggio 2025 n. 11985, sez. lav.)
Omessa registrazione di cassa: sì al licenziamento anche per importi di modesto valore
Le ripetute irregolarità nella registrazione delle operazioni commerciali e nel rilascio dello scontrino, ponendo in dubbio la futura correttezza dell'adempimento della prestazione lavorativa, costituiscono giusta causa di licenziamento (Cassazione - ordinanza 07 maggio 2025 n. 11985, sez. lav.)
La Corte d'appello di Palermo rigettava il ricorso di un lavoratore avverso licenziamento intimatogli dal datore di lavoro per essersi reso responsabile dell'omessa registrazione di cassa per importi di modesto valore, come accertato da società di investigazioni e dal riepilogo a fine turno delle operazioni effettuate con il codice identificativo del lavoratore medesimo. La Corte, in particolare, riteneva i fatti espressione di personalità incline all'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, idonei a giustificare il licenziamento, quale sanzione proporzionata.
Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che la Corte territoriale avesse erroneamente ritenuto che il lavoratore si fosse appropriato dei proventi delle vendite non registrate.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo condivisibili le conclusioni dei giudici di merito che avevano attribuito rilevanza a diversi episodi i quali avevano rivelato ripetute irregolarità nella registrazione delle operazioni commerciali e nel rilascio dello scontrino, come prescritto dalle vigenti disposizioni, fatti che non avevano trovato corrispondenza in esuberi di cassa di importi corrispondenti.
Tali fatti assumevano una obiettiva valenza lesiva del rapporto fiduciario tra le parti, e ciò a prescindere dal riferimento - meramente aggiuntivo nella sentenza impugnata - a precise condotte appropriative delle somme in questione, la cui dimostrazione specifica non era necessaria ai fini del venir meno della fiducia nel dipendente da parte del datore di lavoro, fiducia che, secondo la corretta valutazione della Corte territoriale, era lesa già dai fatti contestati, in quanto connotati dall'elemento doloso e inidonei a garantire per il futuro un affidamento nel puntuale ed esatto adempimento dell'obbligazione lavorativa.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa