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Caporalato: il reato non si applica agli insegnanti
Il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto nel settore agricolo non può essere esteso alle prestazioni intellettuali (Cassazione - sentenza 28 novembre 2024 n. 43662, sez. II pen.)
Caporalato: il reato non si applica agli insegnanti
Il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto nel settore agricolo non può essere esteso alle prestazioni intellettuali (Cassazione - sentenza 28 novembre 2024 n. 43662, sez. II pen.)
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Il Tribunale di Palermo, sezione del riesame, confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari con cui era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.) ed estorsione aggravata (art. 629 c.p.) nei confronti della presidente del consiglio di amministrazione di una società cooperativa, esercente attività di istruzione secondaria, indagata perché, secondo l’ipotesi accusatoria, aveva sottoposto i lavoratori a condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno, nonché costretto taluni dipendenti a restituire la retribuzione ricevuta ovvero a lavorare sottopagati con minaccia consistita nel prospettarne la mancata riassunzione in occasione di successivi rinnovi contrattuali. Condotte commesse, secondo la prospettazione del’accusa, in concorso con il Preside, la Segretaria e due ulteriori responsabili degli istituti scolastici gestiti dalla cooperativa.
Avverso l’ordinanza la difesa dell’imputata ha presentato ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato in relazione al reato di intermediazione e sfruttamento.
Il Collegio si è, in primo luogo, soffermato sul tema relativo alla possibilità di configurare il reato previsto e punito dall’art. 603 bis c.p. in relazione ai rapporti contrattuali ed al tipo di attività lavorativa in casi come quello di specie.
Sul punto i giudici di legittimità hanno ricordato che la norma (art. 603 bis c.p.) era stata introdotta con un decreto-legge (art. 12 D.L. 13 agosto 2011 n. 138, conv. dalla I. 14 settembre 2011, n. 148) quale risposta al sempre più allarmante fenomeno del caporalato agricolo soprattutto nelle campagne meridionali. Inizialmente tale attenzione all’esigenza di reprimere il fenomeno del caporalato nel mercato del lavoro dei braccianti agricoli si esprimeva in una norma strutturata solo sulla fattispecie specifica dell'intermediazione illecita; solo a distanza di cinque anni, con disposizione inserita in una legge dedicata al settore agricolo (art. 1, L. 199/2016) fu ampliata e ristrutturata per ricomprendervi altresì le condotte di chi direttamente “utilizza, assume o impiega manodopera ... sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando dei loro stato di bisogno”.
Tuttavia la predetta norma non può essere estesa per punire fattispecie originariamente non ipotizzate dal legislatore. Vi ostano non tanto il divieto di interpretazione analogica nel settore penale, quanto la collocazione della disposizione ed il testo stesso della norma. Sotto il primo profilo, la disposizione, nella specifica declinazione applicata nel caso concreto, è stata introdotta da una legge mirata al “contrasto ai fenomeni ... dello sfruttamento del lavoro in agricoltura” ed è inserita in un tessuto normativo costituito da reati come la riduzione in schiavitù, la tratta di persone, vale a dire reati che colpiscono, su una scala elevatissima, la “personalità” individuale, fino al punto di annullarla.
Infine, e soprattutto, è il dato testuale a precludere l’applicazione della norma a categorie di lavoro che, avvalendosi di prestazioni intellettuali, esulano in radice dalla categoria dei lavori manuali, siano essi in ambito agricolo o artigianale o industriale. La norma infatti si riferisce al reclutamento o all’utilizzazione di “manodopera”, termine semanticamente legato alla manualità e generalmente alla prestazione di lavoro privo di qualificazione, nome collettivo all'interno del quale l’individuo e le sue capacità perdono significato a fronte della potenzialità produttiva che il gruppo di lavoratori può esprimere. Tutto ciò è estraneo al lavoro intellettuale, tanto se esercitato in forma subordinata che nella libera professione, poiché l’intelletto ed il suo uso costituiscono elemento identitario ed individualizzante che non può essere svilito, disperdendolo nella categoria generica della manodopera.
Né appaiono soddisfatti nella fattispecie concreta gli elementi costitutivi dello stato di bisogno e dello sfruttamento dei lavoratori. Sotto il primo aspetto, la Cassazione ritiene che l’identificazione dello stato di bisogno nel "generale contesto di crisi occupazionale" non vada oltre la generica considerazione sociologica. Quanto allo sfruttamento delle vittime del reato, poi, il Tribunale avrebbe dovuto verificare, alla luce dell’orario giornaliero estremamente contenuto svolto da ciascuno degli assunti ed alla circostanza che, ai fini del punteggio, conti il numero delle giornate lavorative a dispetto delle ore di servizio, se la sottoscrizione dei contratti non corrispondesse ad una scelta di opportunità dei singoli docenti, attratti dalla prospettiva di acquisire punteggio a fronte di un impegno lavorativo minimale se non simulato.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa