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Il beneficio delle agevolazioni tariffarie non ha natura retributiva
L’agevolazione tariffaria concessa ai dipendenti, che trova la propria fonte nel contratto collettivo, non ha natura retributiva e non dà luogo ad un diritto quesito, pertanto può essere revocata dal datore di lavoro con disdetta (Cassazione - ordinanza 19 settembre 2024 n. 25238, sez. lav.)
Il beneficio delle agevolazioni tariffarie non ha natura retributiva
L’agevolazione tariffaria concessa ai dipendenti, che trova la propria fonte nel contratto collettivo, non ha natura retributiva e non dà luogo ad un diritto quesito, pertanto può essere revocata dal datore di lavoro con disdetta (Cassazione - ordinanza 19 settembre 2024 n. 25238, sez. lav.)
La Corte di Appello di Bari, confermando la decisione di primo grado, respingeva il ricorso proposto da alcuni lavoratori in pensione, o loro eredi, volto ad ottenere nei confronti delle società di cui erano stati dipendenti l'accertamento del diritto di continuare a fruire, pur dopo la disdetta, delle riduzioni tariffarie sulla fornitura di energia elettrica sulla scorta della disciplina collettiva vigente in costanza di rapporto di lavoro.
Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso, lamentando, tra i motivi, che la Corte di merito, in punto di ricostruzione, sulla base della disciplina collettiva, delle caratteristiche dell'agevolazione in oggetto, avesse errato nell’ escludere il carattere corrispettivo dello sconto tariffario.
La Suprema Corte ha respinto i ricorsi, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità, in continuità con la quale la Corte di merito, nel caso di specie, all'esito di una ricognizione delle fonti collettive, aveva ritenuto di escludere la natura retributiva del beneficio in oggetto e la configurabilità di esso quale diritto quesito; in coerenza con tale ricostruzione aveva affermato che il diritto allo sconto tariffario ben poteva essere inciso dalla unilaterale disdetta datoriale intervenuta nel corso dell'anno 2015.
Il Collegio, in particolare, ha ritenuto condivisibili le conclusioni della sentenza impugnata laddove questa escludeva la natura retributiva del beneficio; la relativa verifica induceva, difatti, ad escludere ogni rapporto di corrispettività tra l'agevolazione tariffaria e la prestazione del singolo lavoratore. Lo sconto sui consumi di energia elettrica e la relativa misura erano previsti a prescindere dalla qualità e quantità della prestazione lavorativa resa dal singolo dipendente nonché dalla durata del pregresso rapporto e dalla posizione che il lavoratore aveva assunto in azienda; esso quindi era del tutto sganciato dal parametro di corrispettività con la prestazione lavorativa, configurandosi come un beneficio che trovava origine nel complessivo regolamento del rapporto di lavoro senza essere specificamente destinato alla remunerazione della prestazione resa dal dipendente. Era, pertanto, da escludere la configurabilità di un diritto quesito al mantenimento del beneficio.
A riguardo i giudici di legittimità hanno ribadito che nell'ambito del rapporto di lavoro gli unici diritti intangibili sono quelli che sono già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore, quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già eseguita, situazioni queste non configurabili in relazione alla pretesa azionata nel caso sottoposto ad esame, espressione di una mera aspettativa al mantenimento nel tempo della più favorevole normativa collettiva che aveva previsto tale beneficio. L'agevolazione tariffaria in questione trovava, infatti, la propria fonte nelle disposizioni del contratto collettivo le quali non si incorporano nel contenuto del contratto individuale, dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere dispositivo delle organizzazioni sindacali, ma operano sul singolo rapporto come fonte eterogenea di regolamento del rapporto, concorrente con la fonte individuale, con la conseguenza che, in caso di successione dei contratti collettivi, si realizza una sostituzione delle nuove clausole e le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole, restando la conservazione di quel trattamento affidata all'autonomia contrattuale delle parti collettive stipulanti, le quali possono prevederla con apposita clausola di salvaguardia, volontà nello specifico non rinvenibile.
In altri termini, in caso di disdetta del contratto collettivo, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita, e non anche quando, come nel caso di specie, vengano in rilievo delle mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa